DINANZI ALLA SINDONE:
NÉ ICONOCLASTI NÉ FONDAMENTALISTI
di
Orazio PETROSILLO
Giornalista
© 1996 Tutti i diritti riservati
Collegamento pro Sindone - Settembre/Ottobre 1996

Missa Sacrae Syndonis
Copertina della rara
"Missa Sacrae Sindonis" (1692)
dalla collezione di Emanuela Marinelli
(Digital Scan di M. Marinelli)

Per illustrare la posizione della Chiesa a riguardo della sacra Sindone di Torino ritengo necessarie alcune premesse. La prima è questa: se la Sindone di Torino è un oggetto archeologico, un lenzuolo con un'immagine e delle macchie di sangue, è necessario quindi che si faccia una rigorosa analisi dell'oggetto. È la scienza che deve fornire autonomamente ed ovviamente in un contesto multidisciplinare, la prova per l'autenticità o meno della Sindone. In generale, l'autenticità di una reliquia, sia pure di Nostro Signore, è un fatto essenzialmente storico e tale rimane anche in seguito all'approvazione della Chiesa, la quale però non si induce a dare la sua approvazione - soprattutto in forma così solenne come è la concessione della festa, dell'ufficio e della messa - senza le ragioni che la possono prudentemente e seriamente muovere a ciò. Ci troviamo in ambito storico, di pertinenza delle ricerche storiche e dalle indagini scientifiche; non può diventare in alcun modo un dogma di fede.

Quando si parla di autenticità della Sindone bisogna intendersi e distinguere due livelli di autenticità. Uno ci garantisce che l'oggetto in questione non è un falso in sé, un'imitazione di qualcos'altro, un manufatto fabbricato per ingannare. Anche nell'ipotesi che fosse medievale, la Sindone sarebbe pur sempre un unicum. Non abbiamo al mondo un telo con caratteristiche lontanamente simili a quelle che si riscontrano sulla reliquia torinese. È un lenzuolo di lino che ha avvolto un cadavere per circa 30-36 ore e sul quale si sono impresse per contatto macchie di sangue con il decalco di 700 ferite piccole e grandi e, per proiezione verticale della figura, l'immagine frontale e dorsale di un corpo nudo, con le ferite di una abbondantissima flagellazione (circa 120 colpi con due flagelli), di un casco di spine che hanno forato la calotta cranica in una cinquantina di punti, di bastonate e percosse sul viso, del trasporto sulle spalle di un grosso pezzo di legno, di una crocifissione con chiodi nei polsi e ai piedi, di una trafittura di lancia al fianco destro a morte avvenuta. Sul meccanismo fisico-chimico che ha prodotto tale immagine, non abbiamo ancora risposte scientifiche adeguate.

Se per una del tutto improbabile ipotesi fosse medievale, la Sindone resterebbe pur sempre in se stessa autentica e non un falso. Sarebbe comunque l'oggetto più misterioso giuntoci dal Medioevo. E allo stato dei fatti, davvero prodigioso. Evidentemente, non ci interessa tanto questo livello di autenticità. Ma se la scienza dimostra che quel lenzuolo è del primo secolo, la convergenza dei dati sindonici e di quelli evangelici è talmente alta da esserci un astronomico livello di probabilità che quell'Uomo è Gesù di Nazaret. La sua esecuzione capitale ebbe particolari abbastanza singolari - come il casco di spine, il colpo di lancia invece del crurifragio, una sepoltura singola con lenzuolo invece della fossa comune dei suppliziati - tanto che già l'agnostico Ives Delage, all'inizio del secolo, affermava esserci una possibilità su dieci miliardi che quell'Uomo non sia Gesù. Altri statistici parlano di una possibilità di 200 miliardi.

La fede non entra dunque nel cammino di verifica dell'autenticità della Sindone. Non solo, ma deve essere chiaro che la fede in Gesù Cristo non dipende in nulla dall'autenticità del lenzuolo torinese. La fede in Cristo Uomo-Dio, morto e risorto per la nostra salvezza, è legata alla predicazione degli apostoli, alla rivelazione trasmessa a noi dalla Chiesa e resa efficace dai sacramenti. L'attuale custode pontificio della reliquia, il cardinale Giovanni Saldarini, in un dossier consegnato ai vescovi italiani il 13 maggio 1996, ha ripetuto con chiarezza che "la fede non si fonda sulla autenticità della Sindone e mai essa è stata citata come prova della verità del cristianesimo." "Per questo - ha aggiunto - il credente è del tutto libero e sereno nella ricerca, mentre l'incredulità potrebbe trovarsi a disagio se sulla base degli esami storico-scientifici dovesse essere obbligata a comporsi con la convinzione di avere in mano il vero lenzuolo in cui Cristo fu avvolto".

Però ci si lasci dire che se la Sindone autentica, come ne sono assolutamente convinto e come lo erano Pio XI e Paolo VI e convintissimo lo è Giovanni Paolo II, allora questa reliquia non è irrilevante per la mia fede. Non la posso trascurare o, peggio, disprezzare. Se è autentica, è un oggetto che mi testimonia in modo misterioso, ma con l'eloquenza delle 700 piaghe, la passione e la morte di Cristo. Non solo, ma reca su di sé anche misteriosi indizi che non contrastano affatto con la risurrezione: infatti, quel corpo non presenta il minimo segno di putrefazione, il contatto con il lenzuolo durò 30-36 ore, l'uscita del corpo dall'impacchettamento del lenzuolo e delle bende avvenne senza deformare i grumi di sangue, come se lo stesso corpo all'improvviso fosse diventato "meccanicamente trasparente" e il lenzuolo, ricadendo su se stesso, avesse attraversato il volume del corpo ricevendone l'immagine per una sorta di effetto radiante.

Nei riguardi della Sindone bisogna evitare il doppio eccesso di che la vuole svalutare e di chi la vuole sopravvalutare. Non ci vogliono né iconoclasti né fondamentalisti della Sindone. Bisogna evitare atteggiamenti preconcetti di iconoclastia e di cripto-protestantismo quasi che avere un'icona-reliquia di Cristo debba essere apriori da scartare. Bisogna quindi evitare di confondere i piani dapprima tra scienza e fede e poi, una volta accertata l'autenticità della reliquia, non farla diventare in alcun modo un oggetto di fede, sebbene essa sia l'unica vera reliquia di Cristo assieme alla Croce.

Una precisazione sul termine reliquia. Come dice l'etimologia, reliquia in senso stretto è ciò che rimane di un corpo umano e parte di esso. In senso più largo si chiamano reliquie gli oggetti che furono a contatto di una persona perché hanno quasi assorbito le sue preclare virtù. Quanto al termine icona, dal greco "eicon", significa immagine. Lo usiamo qui nel senso generico di immagine, non certo per intendere un dipinto sacro di tipo orientale, perché è scientificamente certo che l'immagine sindonica non è un dipinto.

Bisogna anche evitare atteggiamenti di falsa superiorità come di fideismo. Occorre studiare e conoscere questo oggetto del quale trattano da decenni ben una ventina di discipline scientifiche. Vi sono alcuni credenti che, pur con nobili intenzioni, disprezzano questa reliquia ed ogni discorso sul vedere e il toccare. Fosse dipeso da loro, a Tommaso che cercava prove fisiche della risurrezione, Gesù avrebbe dovuto rispondere sdegnato con un sermone sulla fede adulta che non deve aver bisogno di segni. Mentre Cristo dette la prova fisica che il discepolo cercava e cioè si abbassò al suo livello. Ho fatto un paragone col metodo pedagogico di Gesù che non disdegnava i segni fisici, non voglio surrettiziamente infilare la Sindone tra le prove cristologiche.

Vi sono studiosi agnostici, come pure scienziati di fede ebraica e protestanti che sono convinti della autenticità della Sindone quale lenzuolo funerario di Gesù di Nazaret. Vi sono invece anche preti, specie biblisti, e vescovi che ostentatamente si disinteressano della Sindone innanzitutto perché non la conoscono e non vogliono avere l'umiltà di imparare a conoscere questo oggetto che è un atto di amore di Cristo per noi; in secondo luogo, perché sono ossessionati dal rischio che la reliquia attiri su di sé l'attenzione dovuta al Signore ivi rappresentato. Il timore è legittimo ma il modo di scongiurarlo no.

La Chiesa cattolica, in generale, è serena dinanzi alla Sindone. Sa che la fede non poggia su di essa. Lascia piena libertà al lavoro scientifico. Lo stesso culto che fosse diretto alla reliquia è sempre un culto relativo che non si ferma alla materialità della reliquia, ma si riferisce alla persona e al mistero cui la reliquia appartiene o si suppone appartenere: nel caso nostro alla persona di Gesù Cristo ed alla sua passione, di cui nella reliquia sono impressi i segni.

La Sindone è stata sempre amorevolmente custodita. Non ho la possibilità di entrare in questioni storiche riguardanti il mandylion di Edessa, il quale mandylion o "fazzoletto" altro non era, secondo molti studiosi, che la Sindone di Torino piegato in otto, tanto da far apparire solo il volto e che è stato il prototipo di tutte le icone bizantine del volto di Cristo - le acheropite, ossia non fatte da mano d'uomo - dal VI secolo in poi. Il mandylion, che testi del IX secolo ci assicurano essere a figura intera e non solo il volto, fu traslato solennemente a Costantinopoli nel 944 ed ogni 16 agosto la Chiesa ortodossa celebra la festa della traslazione. Rimase nella chiesa di S. Maria di Blacherne fino al saccheggio dei crociati nel 1204.

Dal 1353 a Lirey, in Francia, riprende il percorso storico della Sindone che un secolo dopo passerà in mano dei Savoia per restarci fico al 1983 quando, in forza del testamento di Umberto II, diventò proprietà della Santa Sede. Già nelle prime manifestazioni di ostensione della sacra Sindone a Lirey, il lenzuolo veniva mostrato ai fedeli "con grandissima riverenza da due sacerdoti rivestiti di camici, stole e manipoli in un luogo a ciò destinato, alto e ben visibile illuminato da torce accese". La solennità con la quale si dispiegava la Sindone era il segno della convinzione della genuinità della reliquia. Invano osteggiata per polemiche con i proprietari del lenzuolo, dal vescovo di Troyes, Pierre d'Arcis.

I duchi di Savoia, e in particolare il beato Amedeo IX, manifestarono segni di profonda devozione richiedendo a Roma privilegi per la cappella ove la Sindone veniva conservata e indulgenze per i visitatori. Sia pure con le espressioni di consueta prudenza - ut dicitur, ut creditur, ut praefertur, ut facta testantur - (e del resto la reliquia non era stata certo sottoposta alla serie lunghissima di accertamenti scientifici di questo secolo), i Pontefici ebbero grande considerazione per il lenzuolo torinese a cominciare da Paolo II, Sisto IV e Giulio II che nel 1506 eresse la Confraternita ed approvò la prima ufficiatura e messa della Sindone, fissando al 4 maggio la festa liturgica, ossia il giorno dopo quella del ritrovamento della santa Croce. Clemente VIII nei primi cinque anni del '600 approvò una seconda messa.

Splendida è l'orazione-colletta che ricalca quella del Corpus Domini: "O Dio, che sulla santa Sindone, nella quale fu avvolto da Giuseppe il tuo corpo sacratissimo deposto dalla croce, ci hai lasciato le vestigia della tua passione: concedi propizio che in virtù della tua morte e della tua sepoltura meritiamo la gloria della risurrezione". La convinzione che la Sindone fosse una reliquia, così chiaramente espressa in questa orazione e sostenuta dai proprietari fin dal suo primo apparire - osserva lo storico della Sindone, don Luigi Fossati - appare dalle lettere che i nunzi pontifici presso i Savoia inviavano a Roma dando relazione sulle solenni celebrazioni del 4 maggio. In una preziosa pubblicazione di mons. Pietro Savio, ricchissima di documenti, sono riportate ben 102 lettere dei nunzi e in quasi tutte ricorrono le espressioni: "Santissima Sindone", "Santissimo Sudario", "Santissima Reliquia".

Il culmine delle manifestazioni di culto rese alla Sindone nel passato si può considerare il duplice ossequio di Pio VIII il 13 novembre 1804 in una ostensione privata mentre era di passaggio a Torino nel viaggio per recarsi a Parigi per l'incoronazione di Napoleone e in quella solennissima del 21 maggio 1815 quando ritornò nella capitale sabauda durante il trambusto dei "cento giorni" di Napoleone. In questa serie di richiami storici non può mancare il ricordo della risposta di Pio XI al cardinale Maurilio Fossati il quale, in vista ostensione del 1931, gli confidava qualche perplessità per la propaganda contraria dei protestanti. Il Papa intervenne con decisione: "Stia tranquilla: parliamo in questo momento come studioso e non come Papa. Abbiamo seguito personalmente gli studi sulla S. Sindone e ci siamo persuasi dell'autenticità. Si sono fatte delle opposizioni, ma non reggono". L'ostensione del '31 fu un vero trionfo della Sindone e per l'anno santo della Redenzione, appena due anni dopo, Pio XI volle una nuova ostensione. Negli ultimi anni della vita, papa Ratti parlò spesso in pubblico dell'immagine sindonica quasi che, contemplandola, si preparasse a vedere il volto di Gesù faccia a faccia.

In perfetta sintonia col suo grande predecessore fu Paolo VI che, nel messaggio per la prima ostensione televisiva della Sindone il 23 novembre 1973, ebbe a dire: "Qualunque sia il giudizio storico e scientifico che valenti studiosi vorranno esprimere circa cotesta sorprendente e misteriosa reliquia, noi non possiamo esimerci dal fare voti che essa valga a condurre i visitatori non solo ad una assorta osservazione sensibile dei lineamenti esteriori e mortali della meravigliosa figura del Salvatore, ma possa altresì introdurli in una più penetrante visione del suo recondito ed affascinante mistero".

Cosa dovremmo dire della venerazione di Giovanni Paolo II per la Sindone? Mi emoziona parlarne perché ne sono testimone diretto. I presenti sanno che il 1 settembre 1978 egli si recò a Torino a venerare la reliquia durante la grande ostensione che vide sfilare in 40 giorni oltre tre milioni di pellegrini. A questa prima visita seguì quella del 13 aprile 1980 quando poté osservarla da vicino, baciarla e venerarla in una ostensione tutta per lui. E nella concelebrazione dinanzi al duomo presentò quale tesoro preziosissimo della città questa "reliquia insolita e misteriosa come la sacra Sindone" e la definì: "Singolarissimo testimone - se accettiamo gli argomenti di tanti scienziati - della Passione, della Morte e della Risurrezione di Cristo. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente".

Per quegli strani misteri che capitano nella Chiesa, non si capisce come mai un cardinale del livello di Anastasio Ballestrero, per giunta custode per 13 anni della Sindone, abbia avuto sempre una inspiegabile ritrosia a considerare reliquia il lenzuolo torinese e questo ben prima del test radiocarbonico. Inoltre, quel 13 ottobre '88 pur non accettando il responso medievale - come molti erroneamente credono - ma affidandolo alla valutazione degli altri scienziati, si lasciò andare a dichiarazioni che, se giustamente mettevano in evidenza come la fede non dipende minimamente dall'autenticità o meno della Sindone, non rivelavano purtroppo un'adeguata conoscenza del valore della reliquia né una perfetta sintonia con la mens dei pontefici citati.

A dissipare l'equivoco, dopo che Ballestrero aveva ridotto la Sindone a semplice icona, il 28 aprile 1989 nel volo aereo verso il Madagascar, rivolsi al Papa davanti ai colleghi una domanda senza possibilità di equivoco: "La Sindone è un'icona o una reliquia?" Pur intuendo il riferimento critico al custode, il Papa non ebbe esitazioni: "Reliquia lo è certamente, non si può cambiare. Se non fosse una reliquia non si potrebbero capire queste reazioni di fede che la circondano e che si dimostrano anche più forti delle prove, diciamo delle controprove di ordine scientifico". Oggi, dopo la lunga serie di obiezioni alla validità scientifica del responso medievale del test radiocarbonico, il Papa rafforzerebbe ancor più la sua affermazione. E quando la prof. E. Marinelli ed io abbiamo consegnato al Santo Padre l'edizione polacca del nostro libro e provocato con una domanda i suoi sentimenti sindonici, abbiamo ascoltato questa splendida confidenza: "È molto importante l'apostolato attraverso la Sindone. Perché il Signore ce l'ha lasciata accanto ai sacramenti".

Nessuno si meraviglierà, allora, se al cardinale Saldarini che chiedeva l'autorizzazione all'ostensione per il 1998, a cento anni dalla prima fotografia che ha dato una svolta alla ricerca scientifica sindonica, oppure di fissarla solo per l'anno santo del 2000 come modo spiritualmente arricchente di vivere il giubileo, il Papa abbia deciso con entusiasmo per la doppia ostensione. Dal punto di vista della posizione della Chiesa verso questa reliquia, l'atteggiamento del pastore universale è chiarissimo.


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