LA STAMPA – Sabato 10 Agosto 2002, pag. 15

L´operazione condotta in segreto dal 20 giugno al 22 luglio
La Sindone cambia - Eliminati i rattoppi vecchi di cinque secoli
Il Vaticano: «Intervento deciso dopo il simposio mondiale del 2000»
Secondo i ricercatori quelle cuciture potevano danneggiare il lenzuolo
di
Francesca PACI

La Sindone è stata restaurata. La diocesi di Torino ammette la rimozione silenziosa dei trenta rappezzi cuciti sul lenzuolo dopo l´incendio del 1532 alla Saint Chapelle, ma precisa che «l´intervento è stato condotto in totale accordo con la Santa Sede e sulla base delle indicazioni emerse dal simposio mondiale del 2000». Da Roma confermano. La Segreteria di Stato fa sapere di aver avallato «la procedura accelerata in virtù dell´assoluta fiducia di cui gode il cardinal Severino Poletto». Il Vaticano sapeva, sapevano i sindonologi della conservazione della reliquia. Secondo il direttore del settimanale della Curia «La Voce del Popolo», Marco Bonatti, non «c´è alcun giallo». La Commissione era al corrente «ed ha fornito studi e consulenze sul da farsi». Rivelano fonti volutamente anonime, che la prima idea di eliminare le «toppe» cucite sul lino dalle clarisse di Chambéry, venisse proprio da lì, dalla comunità scientifica. La suggerì quattro, cinque anni fa, il chimico Alan Adler, docente all´università americana del New England da poco scomparso, all´epoca membro del gruppo di studiosi di cui fa parte anche Mechtild Flury-Lemberg, l´esperta tessile svizzera che ha curato il restauro del luglio scorso. La storia s´inizia a marzo del Duemila. Quaranta ricercatori di tutto il mondo arrivano a Torino per discutere di Sindone. C´è il problema della conservazione del lino vecchio quasi cinque secoli, l´immagine «fotocopiata» del volto e del corpo nudo ritenuto di Gesù, la traccia della ferita del costato scampata di pochi centimetri alle fiamme del 4 dicembre 1532. Dall´incontro escono gli atti, pubblicati nei mesi successivi, il programma d´interventi firmato dall´Arcidiocesi, due pagine di relazione indirizzate a Roma. L´approvazione del Vaticano è scontata, «la prudenza del cardinal Poletto gode della totale fiducia del Segretario Sodano che ha caldeggiato il suo arrivo nel capoluogo piemontese». La Sindone è proprietà diretta del Papa, gli fu donata dai Savoia. A Torino dal 1578, quando il duca Emanuele Filiberto la portò per abbreviare il pellegrinaggio a san Carlo Borromeo bisognoso di sciogliere un voto, la sacra tela è custodita dall´arcivescovo della città. Che però, nel caso specifico, ha carta bianca, «una delega eccezionale che non varrebbe per altri». Così, quando il 20 giugno scorso inizia l´operazione di rimozione delle «toppe», la Santa Sede non c´è a seguire l´intervento. L´equipe coordinata dalla Flury-Leberg, protetta all´ombra della sagrestia nuova del Duomo, va avanti fino al 22 luglio: disfare il rammendo certosino delle clarisse e sostituire sul retro la loro tela d´Olanda con una nuova, significa più d´un mese di lavoro. I sindologi ci studiavano sopra da due anni. Nel 1998 la Commissione per la conservazione aveva stabilito di custodire il lenzuolo disteso anziché arrotolato, per evitare che le pieghe danneggiassero il lino che, vuole la tradizione, avrebbe avvolto il corpo di Gesù. Marco Bonatti è convinto che il nuovo restauro non rompa con i precedenti, «l´obiettivo è eliminare la tensione: quei rattoppi tiravano i tessuti». L´approccio è scientifico, l´osservazione fa parte del metodo. Durante l´ultimo intervento, per dire, i «tessitori» si sono accorti di alcune ammaccature che «sembravano da puntine da disegno». Era una storia vecchia, che il curatore del museo della Sindone Gian Maria Zaccone conosceva già, «in un verbale dell´Ostensione del 1898 risulta che il lenzuolo fosse stato appesso proprio con delle puntine». Un falso allarme: la dimostrazione che «il monitoraggio dev´essere costante e coordinata». L´accusa che la diocesi torinese respinge è d´aver agito da sola. Chi doveva sapere sapeva, gli altri avrebbero avuto «notizia del risultato in una conferenza stampa dopo le ferie». Il gruppo di ricercatori e operatori che ruota intorno alla massima icona della Cristianità fa quadrato. Non commenta Pierluigi Baima Bollone, ex direttore del centro internazionale di Sindonologia e attuale membro della Commissione per la conservazione della reliquia, «ho un impegno di riservatezza col gruppo di cui faccio parte». L´attuale dirigente dell´istituto di studi Bruno Barberis è irragiungibile, in viaggio per Lourdes pare. Il fotografo di fiducia, quel Giancarlo Durante che ha firmato le ultime immagini del sudario prima della rimozione delle «toppe», ha sentito «circolare delle voci», ma non saprebbe dire di più. Severino Poletto, impegnato in esercizi spirituali fuori Torino, fa sapere attraverso il suo portavoce che «a metà settembre l´intervento sarà reso noto e documentato fotograficamente». Inutile però, sperare in nuova ostensione prima del 2025. Marco Bonatti smorza gli entusiasmi di quanti hanno mancato i pellegrinaggi fiume del `98 e del 2000, e sono pronti a cogliere la notizia del restauro come un´occasione da sfruttare magari tra quattro anni, in mezzo a eventi e festeggiamenti laici per le Olimpiadi. «Le indicazioni della diocesi non sono mutate», taglia corto il direttore de «La voce del Popolo». Per la vedere Sindone restaurata c´è una fila lunga ventitré anni.

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